Paghi di più pensando sia tradizione italiana: gli indizi nascosti nelle etichette delle focacce che devi conoscere subito

Quando acquistiamo una focaccia al supermercato, spesso ci lasciamo guidare dalle immagini evocative stampate sulla confezione: mulini a vento, paesaggi rurali italiani, richiami alla tradizione regionale. Eppure, quello che molti consumatori ignorano è che dietro queste rappresentazioni si nasconde frequentemente una realtà produttiva ben diversa da quella suggerita dal packaging. Gli ingredienti e i semilavorati utilizzati possono provenire anche da fornitori esteri, senza che questa informazione risulti immediatamente comprensibile leggendo l’etichetta.

Il miraggio dell’artigianalità nelle focacce industriali

Il termine “artigianale” è diventato uno degli strumenti di marketing più efficaci nel settore alimentare. Sulle confezioni di focacce troviamo espressioni come “secondo la tradizione”, “come una volta” o “ricetta della nonna”, accompagnate da grafiche che rimandano a forni in pietra e laboratori familiari. Questa strategia comunicativa crea nel consumatore l’aspettativa di acquistare un prodotto genuino, realizzato con materie prime locali e metodi di lavorazione tradizionali.

La normativa italiana non fissa regole stringenti sull’uso del termine “artigianale” per i prodotti da forno preconfezionati. Questa zona grigia permette ai produttori di utilizzarlo anche quando la produzione avviene su scala industriale con ingredienti provenienti da filiere estere, purché la fase di cottura o finitura venga svolta in Italia. La situazione è stata segnalata da diverse associazioni dei consumatori e da analisi di settore, in assenza di una definizione legislativa specifica per i prodotti preconfezionati.

Semilavorati esteri: la verità nascosta dietro l’impasto

L’impiego di impasti base, prefermenti o poolish prodotti in altri Paesi europei o extraeuropei e importati congelati è pratica diffusa nell’industria dei prodotti da forno confezionati. Questi semilavorati arrivano surgelati, vengono scongelati, talvolta arricchiti con alcuni ingredienti locali, poi cotti e confezionati sul territorio nazionale. Gli impasti vivi congelati possono essere conservati fino a 3-6 mesi senza perdita significativa di qualità, consentendo l’effettivo assemblaggio transfrontaliero di parti del processo produttivo.

Dal punto di vista legale, è sufficiente la trasformazione sostanziale finale in Italia per poter utilizzare la dicitura “prodotto in Italia”, anche se l’origine delle materie prime non è italiana. Questo approccio deriva dai regolamenti europei sull’origine doganale dei prodotti alimentari trasformati, dove il paese che effettua la trasformazione sostanziale viene indicato come luogo di produzione finale. In molti casi la percentuale di ingredienti italiani risulta particolarmente ridotta, talvolta limitandosi all’olio superficiale e al sale grosso che decorano la superficie.

Gli ingredienti che tradiscono l’origine

Analizzando attentamente le etichette, emergono indizi significativi sulla reale provenienza degli ingredienti. La farina, componente principale di qualsiasi focaccia, proviene frequentemente da grani coltivati in Canada, Stati Uniti o paesi dell’Europa dell’Est. L’Italia importa regolarmente grano da questi paesi per uso nella panificazione industriale, per compensare la limitata produzione nazionale di grano tenero di alta qualità tecnologica. L’indicazione “farina di grano tenero tipo 0” o “tipo 00” non fornisce alcuna informazione geografica, lasciando il consumatore all’oscuro.

L’olio extravergine di oliva impiegato può essere una miscela di oli provenienti da diversi Paesi dell’Unione Europea o addirittura extracomunitari, come consentito dalla normativa europea quando non si tratta di oli a denominazione protetta. Le olive, quando presenti, sono spesso importate principalmente da Spagna, Grecia o Nord Africa. Il rosmarino e altre erbe aromatiche provengono frequentemente da coltivazioni extra-italiane secondo i dati del mercato delle spezie pubblicati dalle agenzie di commercio estero.

Come decifrare veramente un’etichetta

La normativa europea impone obblighi di indicazione dell’origine solo per alcune categorie di alimenti come latte, miele, carne fresca, frutta e verdura, pesce, ma non per i prodotti da forno, che quindi presentano meno trasparenza sulla tracciabilità delle materie prime. Esistono però alcuni elementi che permettono al consumatore attento di orientarsi meglio.

  • La dicitura “prodotto in Italia” si riferisce esclusivamente al luogo di trasformazione finale, come previsto dalla normativa comunitaria sull’origine dei prodotti alimentari
  • La lista ingredienti è obbligatoriamente in ordine decrescente per quantità, ma non è obbligatorio indicare la provenienza delle materie prime, salvo quando espressamente richiesto da specifici regolamenti
  • Le certificazioni DOP o IGP sono garanzia di un determinato legame territoriale, ma sono molto rare sulle focacce industriali
  • Il codice dello stabilimento identifica solo dove il prodotto è stato confezionato, non l’origine degli ingredienti

L’impatto economico delle scelte consapevoli

Comprendere la differenza tra una focaccia realmente legata al territorio e una che sfrutta solo l’immaginario tradizionale italiano ha conseguenze economiche significative. Acquistare prodotti presentati come italiani ma realizzati prevalentemente con ingredienti esteri non sostiene direttamente l’agricoltura e l’artigianato locale, come sottolineano diverse analisi di filiera economica. Questo fenomeno, conosciuto come “Italian sounding” quando riguarda l’export, ha una versione domestica altrettanto insidiosa.

I consumatori italiani pagano un sovrapprezzo per prodotti che evocano la tradizione nazionale, credendo di supportare l’economia locale, mentre i margini di profitto rimangono appannaggio dei grandi gruppi industriali che delocalizzano la produzione delle materie prime. Esistono alcuni accorgimenti concreti che ogni consumatore può adottare al momento dell’acquisto. Diffidare delle confezioni eccessivamente scenografiche rappresenta un primo passo: la comunicazione visiva è spesso progettata per evocare qualità tradizionali o locali anche in assenza di un reale legame produttivo.

Strategie pratiche per scelte più informate

Privilegiare focacce che dichiarano volontariamente la provenienza degli ingredienti principali costituisce un segnale di trasparenza da parte del produttore. Informarsi sulla reputazione e sulle pratiche produttive delle aziende, quando possibile, permette di fare scelte più consapevoli. Alcuni produttori hanno scelto la strada della totale trasparenza, comunicando apertamente la filiera e l’origine delle materie prime, anche quando non obbligati per legge. Questi comportamenti virtuosi meritano di essere premiati attraverso le nostre decisioni di acquisto.

Il banco dei prodotti freschi del supermercato talvolta garantisce maggiore possibilità di dialogo e tracciabilità rispetto ai prodotti industriali preconfezionati. Va precisato però che anche le produzioni artigianali possono utilizzare semilavorati o ingredienti esteri. Dialogare con il personale del reparto gastronomia può fornire informazioni aggiuntive sulla provenienza e sulla lavorazione delle focacce vendute al taglio.

La consapevolezza alimentare non dovrebbe trasformarsi in diffidenza generalizzata, ma piuttosto in una capacità critica di lettura delle informazioni disponibili. Ogni acquisto rappresenta un voto che diamo a un determinato modello produttivo: scegliere con cognizione di causa significa contribuire a orientare il mercato verso maggiore trasparenza e autenticità, sostenendo filiere locali quando realmente identificate dalle etichette e dalle certificazioni di qualità riconosciuta.

Quando compri focaccia al supermercato controlli davvero l'etichetta?
Mai guardavo solo il prezzo
Solo se dice prodotto in Italia
Cerco origine degli ingredienti
Compro solo con certificazioni DOP IGP
Prendo quella con packaging più bello

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